"Il
presidente Napolitano ha voluto togliere dalla mischia elettorale il nome di
Monti per preservare il suo profilo super-partes e, dunque, la praticabilità
sia di un Monti-bis, sia di un'ascesa del professore al Colle, o – perché no? –
a via XX settembre come ministro dell'Economia. Insomma, ha voluto preservarlo
come "riserva della Repubblica": non si può candidare né può essere
candidato da un partito, perché si vota per il Parlamento ed è già senatore a
vita. Ma è disponibile «a chiunque, dopo le elezioni, volesse chiedergli un
parere, un contributo, un impegno» (da notare le parole "chiunque" e
"impegno"). Ha quindi ricordato alle forze politiche che non esistono
candidati premier: né Monti, né chi uscirà vincitore dalle primarie. Perché i
partiti hanno sì il diritto, o meglio la «facoltà» di avere in mente un nome,
di «evocarlo» direbbe Casini (come si fa con gli spiriti), ma sono le
consultazioni al Quirinale «la sede in cui ogni partito può esprimere una sua
preferenza o una sua proposta». Napolitano ha anche voluto farci sapere che
sarà il suo successore a sbrigare la pratica dell'incarico. Il che vuol dire
che nel puzzle post-voto la casella del Quirinale sarà riempita prima di quella
di Palazzo Chigi. E potrebbe rappresentare un equo indennizzo per il Pd, nel
caso accettasse un Monti-bis: 7 anni garantiti di poteri sempre più
"presidenzialisti" potrebbero far gola più di 5 traballanti al timone
di un paese ancora nella tempesta. Il 10 marzo, o quando sarà, in filigrana
sulla scheda ci sarà il nome del prossimo presidente della Repubblica, non del
premier.
Molto poco istituzionalmente corretta, va detto, l'uscita di Napolitano: la
carica di senatore a vita non implica la rinuncia al diritto di elettorato
passivo (candidarsi, per esempio, alla Camera), o un'interdizione dai pubblici
uffici (proporsi come candidato premier di una o più forze politiche).
Scorrettezza però soltanto teorica, perché non sembra che Monti abbia intenzione
di "bruciarsi" politicamente. Continuerà a non respingere i tanti
"scudieri" che si accalcano alla sua corte, non sconfesserà chi lo
evoca, ma non è interessato a ricevere uno scomodo mandato politico dal corpo
elettorale. Anzi, meglio non averne e continuare a giocare da riserva della
Repubblica, buona per qualsiasi maggioranza. Ammiccamenti sì, candidatura no.
E' comprensibile: da un lato non vuole fungere da zattera di salvataggio per un
ceto politico vecchio e screditato (e chi può biasimarlo?); dall'altro, non è
nelle sue corde creare dal nulla una sua forza politica, né ha i mezzi per
farlo.
Neanche Monti, tuttavia, può aggirare la questione del mandato politico. A
parte la prospettiva poco edificante dal punto di vista democratico, è pensabile
realizzare le riforme di cui questo paese ha disperatamente bisogno senza un
preciso mandato elettorale, senza prima esporre la propria agenda ai cittadini
per ricevere il loro consenso, e per di più con l'appoggio di una "grande
coalizione" sbilanciata a sinistra? Il Cav ha fallito nonostante tre forti
mandati popolari, ma ciò non significa che sia destinata al successo una
strategia del "si fa ma non si dice". E nel caso del piano B - Monti
al Quirinale a coprire le spalle a Bersani premier - il professore si
troverebbe a dover esercitare un potere di veto sull'indirizzo
politico-economico del governo, accentuando così la deriva
"presidenzialista" in atto.
Nella stessa giornata in cui Alfano otteneva le sue primarie, al prezzo di uno
strappo forse irreversibile con il Cav per inseguire con gran parte del suo
gruppo dirigente il sogno di un non meglio precisato cantiere dei moderati, di
cui Monti dovrebbe essere il «federatore» (definizione di Frattini), il
presidente Napolitano chiudeva di fatto il cantiere: nessuna candidatura di
Monti prima del voto. E così Alfano e i suoi si ritrovano d'un tratto senza
Berlusconi (anzi, probabilmente se lo ritroveranno contro) e privi di uno
sbocco politico. L'unico che il segretario rischia di riuscire a rottamare è il
Cav, mentre si tiene i vecchi colonnelli, tutti aggrappati ad uno zatterone in
patetico inseguimento di Monti, Casini e Montezemolo, i quali non mostrano il
minimo interesse per il Pdl, se non per indurlo a sacrificare Berlusconi e,
così, liquidarlo.
Le prossime elezioni rischiano di rivelarsi un esercizio inutile. Giocate pure
fino al 10 marzo, bambini, ma poi la sera del voto il pallone vi verrà tolto,
sembra avvertire Napolitano. E che idea di centrodestra si può coltivare
attorno al Monti-bis se Monti, in qualunque casella istituzionale finisse,
fosse solo una specie di argine, una badante democristiana per una maggioranza
di centro-sinistra?"
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