Job act: il grande ricatto 2.0

Metti un venerdì sera, un whatsapp, una segnalazione di un’attivista: "domani manifestazione davanti Zegna alle 15, lo stabilimento chiude 230 operaie a casa".

Ok decido di andare … devo, mi dico “son candidata”… ricevo la segnalazione di un altro candidato che m’incoraggia ad andare e son lì … ci sono le telecamere di rai tre e rete veneta, i sindacalisti pronti a rilasciare le loro dichiarazioni … è chiamato il sindaco di Rubano che arriva e subito si rende disponibile ai rappresentanti sindacali … ma mentre osservo la scena, sento un chiacchiericcio alle mie spalle, ci sono le operaie che guardano, come me, l’affannoso muoversi delle persone.

Occhi interrogativi, il mio sguardo intercetta Paola, piccola donna da una forte energia che parla a voce alta con le colleghe, ironizza per esorcizzare la rabbia, il loro futuro, la loro vita di domani si è interrotta venerdì pomeriggio.

In 15 anni di lavoro, racconta, non le era mai capitato di sentir chiamare “l’adunanza in mensa per comunicazioni urgenti”: la ditta chiude, avete un mese di tempo per decidere se continuare a lavorare per l’azienda a Novara o restare a casa”!

Doccia fredda, gelata, come quelle di Betty, operaia anche lei, mamma single con una figlia, i debiti sulle spalle di un ex marito giocatore di slot-machine e una bolletta da 4000 euro che non riesce a pagare alla Edison (quindi senza gas da 4 anni);  lei mi guarda e dice “io devo andare, non posso non andare”.

Il nodo alla gola si fa forte, le storie delle donne intorno a me si susseguono: mutui, affitti, figli piccoli da crescere: provo vergogna sono in mezzo a loro e vorrei urlare per loro, ma la compostezza e la dignità di queste donne è tanta troppa, Zegna &co. Non se la meritano, loro, le operaie, le “Ferrari del tessile”, ora un peso, ora numeri, costi per una società, loro donne mamme persone speranze futuro, con un mese di tempo per decidere!

Faccio fatica a dire loro chi sono e perché sono li, allora ricordo tv web, chiedo di intervistarle si concedono, conoscono la storia dell’azienda perché loro sono l’azienda!!!! Il loro lavoro, la loro competenza ed eccellenza hanno portato l’azienda al top della produzione tessile, un capo prodotto a Sarmeola di Rubano vale 1600,00 euro più di un loro stipendio, ma questo non basta non è sufficiente, il mercato chiede un altro tipo di prodotto “low cost”, ecco perché “Novara si e Padova no”.

Pagate per lavorare e non per pensare, lo sanno bene che non regge la scusa di una sede (Padova appunto) costosa, la loro replica a denti stretti sarebbe “più costosa che quella spagnola!”.

Pagate per lavorare e non per pensare quando i segnali all’inizio anno erano contraddittori: divise nuove e piano ferie pronti contro carrelli e ordini ridotti.

C’erano i sindacalisti si già…loro… a dire cosa? Uno a paventare l’ipotesi di una svendita dell’immobile per la realizzazione di un nuovo centro commerciale e l’altro, voce bassa ad ammettere che quello altro non era che lo scenario a cui sempre più spesso andremo incontro grazie al jobact: il ricco ed opulento nord-est, quante volte l’ho sentito definire così !!!!

Oggi non più così, oggi ha il volto di Paola e di Betty, e dei tanti volti incrociati venerdì pomeriggio, nel primo sole di primavera, con le mani nerborute per il troppo  lavoro, il gesticolare sincopato  tra paura e rabbia, ma la compostezza e la dignità di chi da una vita lavora e si prodiga senza recriminare, compostezza e dignità che le colleghe “straniere ricalcano con uguale” sentire.

Paola mi guarda e mi dice a fine discorso: “Parliamo piano che lì ci sono i sindacati, e i sindacalisti e loro mi dicono che sono una rompicoglioni!”… 

La fisso e con ritrovato vigore le dico: “tranquilla sei in buona compagnia, non hai idea di quanto io lo sia tesoro”!!!

“sono Manuela, e sono candidata alla regione e sono una gran rompi coglioni!”…

Manuela Provenzano