Riportiamo
questo interessante e fruibile articolo di Vito Lops e Luisanna Benfatto dal
Sole 24 Ore: Nonni esportati in
Polonia, lavori da 450 euro al mese. Le 10 (+1) crepe del modello tedesco
Nota di GPG:
Vedere un articolo che sostanzialmente dice “e’ Kolpa dei Kettifi Tedeski”
sulla testata del Sole 24 Ore e’ realmente impagabile. L’articolo non riporta
nulla che i lettori di Scenarieconomici.it
non
conoscano gia’ a memoria (quando tutti dicevano…che bravi i Tedeschi), e
sostanzialmente riporta una serie di fatti inconfutabili, che mettono al centro
dei 3 anni di assurda crisi europea le politiche Tedesche attuate
dall’introduzione dell’Euro in poi, sostanzialmente politiche di “fotti il
vicino“, atteggiamento del tutto confermato tra il 2010 ed il 2013, anni in
cui la Germania ha cercato in ogni modo di scaricare sui paesi piu’ deboli
il peso della Crisi, Crisi in cui la Germania ha comunque una
co-responsabilita’ pesantissima e sostanzialmente inconfutabile (a meno di
qualche “ultimo giapponese” ultras) ed ha dimostrato un cinismo ed una mancanza
di leadership, che prima o poi le costeranno parecchio. Come sapete bene,
personalmente non contesto e non pretendo nulla dalla Germania: semplicemente
non voglio condividere con loro la medesima valuta. Dobbiamo gia’
sopportare un discreto tasso di “parassitismo interno“, e di certo non
c’e’ alcuna ragione razionale per sopportare anche “un parassitismo esterno“:
chi vuole gli Stati Uniti d’Europa e’ un folle irrazionale per 2 motivi banali,
il primo e’ che pensa che prima o poi i Tedeschi abbraccino un modello solidale
dell’Euro e “scuciano” soldi o “rinuncino” ai vantaggi accumulati” (che e’
qualcosa di impossibile), il secondo e’ che vedano un destino comune e radioso
(economicamente) con chi sostanzialmente t’ha “fregato” (cosa altrettanto
utopica). Mogli e buoi dei paesi tuoi….
La Germania
ha un governo più forte e meno soggetto a spallate e trabocchetti. L’economia è
senz’altro più solida e soprattutto il popolo tedesco non si lamenta e non
esterna le proprie debolezze. Ma siamo sicuri che il loro modello sia quello
giusto per tutta l’Europa? Ecco quali sono le fratture, finanziarie e sociali,
nascoste nella locomotiva di Frau Merkel.
1. «Esporta»
i nonni in Polonia
Sempre più
famiglie decidono di esportare i nonni oltre confine per risparmiare, lo scrive
Bloomberg Businessweek: Germans Export Grandma to Poland as Costs, Care
Converge. La meta preferita è la Polonia dove una struttura per anziani costa
1.550 euro al mese rispetto ai 3.250 richiesti in Patria. Ma il “confino” dei
vecchi improduttivi può toccare anche altri Paesi: Slovacchia, Ungheria e
Repubblica Ceca. Pronti a fare questa scelta un quinto dei tedeschi.
2. Accusata
di dumping salariale
«Se il
modello economico tedesco è il futuro dell’Europa, dobbiamo essere tutti molto
inquieti». Così sul Financial Times, Adam Posen, ex membro del comitato di
politica monetaria della Bank of England. «La Germania ha ora la più elevata
proporzione di lavoratori a basso salario rispetto al reddito nazionale mediano
in Europa Occidentale. I salari medi sono aumentati più di inflazione e
crescita della produttività lo scorso anno, per la prima volta dopo oltre un
decennio di stagnazione». Senza giri di parole, quindi, Posen accusa la
Germania di aver praticato da quando è entrata nell’euro una sorta di dumping
sociale.
È diventata
più competitiva perché ha svalutato i salari. Dal 2000 al 2012, secondo l’archivio tedesco
Wirtschafts- und Sozialwissenschaftlichen Instituts, i salari medi sono scesi
dell’1,8%. Svalutazione che rende impossibile basare la crescita sui consumi
interni, segnale di uno sviluppo più armonico e sano per un Paese.
3.
L’Obesita’ aumenta
La Germania
oltre ai record economici che conosciamo ne conta anche un altro, molto
negativo. Secondo una recente classifica che utilizza come parametro l’indice
di massa corporea, il body mass index (BMI), ottenuto dal rapporto tra altezza
e peso, i tedeschi hanno il primato europeo dell’obesità e si piazzano nella
classifica mondiale dei pesi massimi al 23esimo posto (noi italiani siamo al
73°).
4. Basa la
crescita sull’export al pari della Cina
La Germania
genera un surplus commerciale di oltre 200 miliardi di euro, sui livelli dei
quello della Cina. Questo grazie a un sistema economico basato più sulle
esportazioni che non sui consumi interni (come abbiamo visto nella precedente
sezione). La gran parte delle esportazioni avviene all’interno dell’area euro,
il che vuol dire che una grande fetta degli importatori sono i “partner”
dell’unione monetaria. Ma questo è anche il segnale di un’unione che non
funziona perché si regge su uno sviluppo asimmetrico e non coordinato tra i
Paesi. Il che stride con quanto previsto dal Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea che prevede politiche di coordinamento tra i Paesi. M
nulla è stato fatto finora per sanare questo squilibrio.
5. Effettua
svalutazione competitiva sui partner dell’area euro
Se la
Germania è in grado di esportare di più dei “partner” dell’area euro è anche
perché, da un punto di vista tecnico, Berlino pratica indirettamente una
svalutazione competitiva rispetto agli altri Paesi. In che modo? Generando meno
inflazione. Qualche
numero? Nei primi 13 anni di vita dell’euro la Germania ha generato
un’inflazione del 25,5%. In pratica è come se un chilo di pane costasse 1 euro
nel 1999 e 1,25 adesso. Nello stesso periodo di tempo l’Italia ha generato
un’inflazione del 39%, 14 punti in più. Quindi quel chilo di pane che a parità
di cambio costava 1 euro nel 1999 oggi in Italia costa 1,39 euro. Ed è anche
per questo che all’Italia oggi risulta più difficile esportare. Peggiora il
quadro se si considera l’inflazione di altri Paesi della periferia come Spagna
(inflazione del 47%) e Grecia (43% ma partendo dal 2001, data in cui Atene è
entrata nell’euro)
6. È l’unico
Paese tra i big che rivaluterebbe il cambio in caso di uscita
A confermare
la svalutazione competitiva in atto in Germania c’è anche l’altro lato della
medaglia. In caso di deflagrazione dell’euro e di ritorno alle valute
precedenti il marco si rivaluterebbe mentre le divise di Italia, Spagna, Grecia
e altri Paesi dell’area si svaluterebbero. Di quale entità? Più o meno della
percentuale di differenza di inflazione maturata negli anni di gestazione a
cambio rigido con la Germania (14 punti Italia, 22 Spagna, ecc.).
7. Il
multiculturalismo è ancora sulla carta
La ministra
dell’integrazione Cecile Kyenge, in carica nel nostro Governo, è stata oggetto
di numerosi e ingiustificati attacchi razzisti nel nostro Paese e questo non ci
fa onore. Ma anche in Germania l’integrazione è ancora lontana. La Merkel l’ha
più volte citato nei suoi discorsi: in Germania il multiculturalismo è fallito.
L’ennesima dimostrazione è avvenuta durante le ultime elezioni. Il mese scorso
5,8 milioni di immigrati aventi diritto al voto potevano scegliere tra i futuri
rappresentanti al Parlamento solo 99 candidati di immigrati di prima o seconda
generazione su un totale di 4.500.
8. Esalta il
lavoro precario con i mini-job
Il tasso di
disoccupazione tedesco viaggia al 6,8% ed è tra i più bassi dell’Eurozona. Ma a
questo dato contribuiscono anche i mini-job, impieghi pagati circa 450 euro al
mese che oggi riguardano circa 8 milioni di individui. “Uno dei problemi meno affrontati
del nostro sistema è costituito dall’espandersi di impieghi pagati poco, meno
di 9,5 euro l’ora. Stiamo parlando di un quarto del lavoro dipendente”, spiega
al Sole 24 Ore Karl Brenke, analista di Diw, l’Istituto di ricerche economiche
con sede a Berlino. E’ vero in due casi su tre i mini-job sono svolti da donne
(in part-time) e in molti casi sono secondi lavori e in altri formalizzano
sacche di lavoro nero. Ma si tratta, sostengono i critici, di una spinta verso
precariato e flessibilità che allontana, analizzando i valori medi, il mito
diffuso del lavoratore tedesco della Bmw meglio “equipaggiato” di un dipendente
Fiat. Inoltre i mini-job spingono al ribasso anche i salari degli altri lavori
accentuando il fenomeno di dumping salariale che solo nell’ultimo anno
pare essersi interrotto.
9. Ha
consolidato i conti in fase di espansione sforando i parametri di Maastricht
La Germania
ha compiuto una serie di riforme fino al 2005 (tra cui quella del lavoro che ha
introdotto i mini-job, riforma Hartz) che l’hanno resa più competitiva (non senza contraddizioni sociali
come emerge da questo speciale sulle crepe del modello tedesco). Il tutto
avveniva però in una fase di espansione economica generale e, allo stesso
tempo, sforando i parametri di Maastricht senza pagare sanzioni. Un bel
vantaggio, oggi difficilmente replicabile dagli altri Paesi ai quali vengono
chieste riforme simili in un contesto però di recessione economica (innescando
spirali recessive come evidenziato dagli errori sui calcoli del moltiplicatore
fiscale) quando la razionalità macroeconomica porterebbe all’adozione di misure
espansive.
10. Le
banche tedesche sono state salvate con oltre 500 miliardi nella crisi subprime
Le banche
tedesche hanno investito parte del forte surplus commerciale su titoli subprime
statunitensi rimanendo pesantemente invischiate nella crisi economica scoppiata
dopo il fallimento di Lehman Brothers.
Hypo Real
Estate, Commerzbank e altre grandi banche sono state salvate con massicci
iniezione di capitale pubblico. Si calcola che lo Stato ha versato nelle casse
degli istituti tedeschi circa 500 miliardi di euro. In più le stesse banche
hanno investito in molti Paesi della periferia dell’area euro gonfiando la
bolla del debito privato, principale causa della crisi dell’Eurozona.
Questo senza
valutare con attenzione, come un creditore dovrebbe fare, il rating del
debitore. Peccando, in questo caso di moral hazard. Stessa accusa che la
Germania rivolge invece ai Paesi della periferia dell’Eurozona, negando
trasferimenti all’interno dell’area.
11. Investe
poco in ricerca e sviluppo
Lo studio
“German, a model for Europe?” realizzato dall’economista tedesco Sebastian
Dullien dell’European council on foreing relations decreta (dal 2000 al 2007 al
Financial Times Deutschland) decreta: «Il successo della Germania – grande
avanzo delle partite correnti, basso tasso di disoccupazione e crescita economica
accettabile – è il prodotto di una combinazione di moderazione salariale
nominale, sostenuto da riforme del mercato del lavoro che hanno portato giù il
salario di riserva (livello minimo salariale al di sotto del quale un
individuo accetta di non lavorare, ndr) e hanno messo al ribasso pressione
sui salari, e gravi restrizioni della spesa pubblica su investimento nonché
sulla ricerca e sviluppo e educazione. Nel complesso, questo non può servire da
modello per Europa. Alcuni degli elementi del modello tedesco hanno esternalità
negative sui partner della Germania in Europa; altri deprimono la crescita
economica nel Paese».
By GPG Imperatrice
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