Tra qualche anno non
saranno più in vita né vittime, né carnefici della Shoah, ma voi siete qui per
essere testimoni di quello che sto per raccontarvi.
Così ha esordito ieri sera a Mestrino il Sig. Samuel Artale
von Belskoj Levy, un ingegnere di 77 anni che vive e lavora a Padova, unico
superstite della sua famiglia al campo di sterminio di Auschwitz.
La sala polivalente era piena, per metà dai ragazzi delle
scuole medie, che, dopo la loro entrata
chiassosa, hanno ascoltato Samuel in un religioso e rispettoso silenzio.
Indossando il Kippah (il tipico copricapo che usano gli
ebrei nelle feste e nelle occasioni speciali) Samuel ci ha spiegato con delle
“slides” prima alcune nozioni sull’ebraismo e poi ci ha condotto all’interno di
Auschwitz commentando alcune foto di repertorio e collegandole alla propria
esperienza.
Oltre a Samuel, il 13 aprile del 1944, furono arrestati
dalle SS i suoi genitori, il nonno e la sorella. Quel giorno Samuel aveva solo
7 anni, avrebbe voluto portare con sé dei giochi, ma la mamma disse di
sbrigarsi e di non preoccuparsi che sarebbero presto tornati a casa. I cani dei
soldati abbaiavano…
Il viaggio in treno fu terrificante … la confusione, la
separazione dalla famiglia e ritrovarsi solo in una baracca con altri uomini,
lui unico bambino. Il primo giorno gli diedero una pagnotta che divorò subito,
ma non arrivò null’altro. Il giorno successivo ne mangiò solo metà, tenendo il
resto per la sera… ma gli fu rubata e da quel momento capì… ognuno viveva per
sé… a qualsiasi costo.
Fino a quel momento avevo trattenuto le lacrime , ma poi
piansi, sommessamente, in rispettoso silenzio…
Per quello che ci raccontò essere il suo compito: le sue mani di bambino potevano agevolmente
ispezionare gli orifizi dei cadaveri che
venivano uccisi nel campo prima di entrare nei forni.
Per la coperta che conserva ancor oggi e che gli fu donata
dai soldati che lo liberarono quel giorno che i cani non abbaiavano più …
Per il cognome che non ricordava più al momento della
liberazione: la sua priorità era sopravvivere … il dolore aveva cancellato le
sue origini… La croce rossa suppose che Artale fosse il suo cognome, ma solo
pochissimi anni fa, Samuel scoprì che si chiamava Von Belskoj Levy.
Per la brutta esperienza dell’orfanotrofio, della quale non
ci ha raccontato, forse ,penso io, per rispetto ai tanti minori in quella sala…
Per la perdita della fede in quel campo degli orrori… è
lecito chiedersi dove fosse Dio?
Per aver protetto se
stesso, un bambino, al prezzo di quella di un soldato… per avercelo confidato
così sinceramente….
Per vagare nei cimiteri sparsi in Europa alla ricerca delle
anime dei propri cari di cui non ha più saputo nulla.
Per l’unica cosa che lo ha salvato: l’amore della moglie.
Sembra che anche nelle risposte alle nostre domande il messaggio
sia l’amore tra le persone: non esistono bianchi, neri, ebrei, musulmani,
abili, disabili … ma solo persone.
Samuel Artale von Belskoj Levy,libero cittadino del mondo, un’icona di cui i nostri ragazzi saranno
testimoni.
Con tutto il mio rispetto.
Tiziana
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