Esci dall'ufficio alle ore 20:15. Per poco non calpesti un gatto sdraiato sul tuo tappeto dell'ufficio fuori dalla porta. Ti accorgi che il gatto ha una gamba spezzata. Ti illudi esista un servizio di assistenza in questi casi. Vale però teoricamente solo per i cani. Fai un rapido giro di telefonate e scopri che i gatti randagi sono di proprietà del Sindaco il quale però non paga le spese di assistenza sostenute dagli enti no profit che assistono gli animali e anticipano le spese. Morale della favola o ti porti l'animale in casa e all'indomani lo trasporti presso uno dei veterinari convenzionati con l'ENPA. O lo lasci lì morire dal male. O lo porti in una clinica a tue spese. "Micio sta bon che ti sto portando in clinica poi me la vedo io col sindaco" penso io. E lo porto a Legnaro.
Morale della favola, per non fargli nulla se non un po di accertamenti 220 €. E vabbè penso io...li anticipo e poi li chiedo al comune, la legge parla chiaro:
L'Amministrazione comunale è responsabile a tutti gli effetti della tutela degli animali randagi per legge dello stato Italiano.
In sostanza se trovate un animale ferito (se è un cane e chiamate l'ASL mandano il servizio veterinario e finisce li) e decidete di portarlo a vostre spese presso un centro dove lo curino, lo fate a vostre spese. Poi se ritenete potete richiedere il pagamento della somma alla Amministrazione comunale dove avete rinvenuto l'animale ferito. L' Amministrazione, molto probabilmente (mi riferisce ENPA che è costume abituale) vi costringerà a ricorrere alle vie legali, sperando che ovviamente desistiate e paghiate voi.
Ora, io dopo avere prestato soccorso all'animale, dovrei, sempre a mie spese, andarlo a recuperare, pagare 220 €, portarlo presso un veterinario convenzionato ENPA (come da questa suggeritomi) nella speranza di pagare meno dato che Legnaro mi chiede altri 800 € per aggiustarlo.
Mi chiedo se il comune di Mestrino ritenga giusto che un cittadino debba farsi carico di tutto ciò.... ritiene l'Amministrazione comunale che che avrei dovuto lasciare l'animale sofferente a terra? A medesima domanda posta a uno della vecchia guardIa la risposta è stata"nà volta se ghe dava na sbaià in testa e se buttava nel fosso o se metteva dentro un sacco a morire sofegà".....piddino sfegatato costui...chissà....Altra risposta letta sui social era del tipo:..."Personalmente, da cittadino, sarò più soddisfatto nel sapere che 220 euro saranno destinati ad un pulmino per anziani, ad una rampa per disabili, ecc." Evidentemente il cittadino non si rende conto che quelli che cita sono servizi che l'Amministrazione deve fornire obbligatoriamente per legge da anni, salvo poi buttare nel cesso i soldi per fare Piazze autorefenziali non richieste da nessuno.
Eppure è strano, io pensavo di vivere nel 2017 in un paese civile, evidentemente non è così. Per ora ad oggi nessuna risposta, ovviamente alle mie PEC da parte del Sindaco. Glieli ho girati pure via Fax, apparentemente unico mezzo di comunicazione in uso da parte sua.
Per giusta e completa informazione l'ENPA ha preso il gatto dal costoso ospedale di Legnaro e lo ha portato a sue spese a far curare da un veterinario.
Pagherà l'ENPA autotassando i propri associati.
LUCA
Per chi avesse voglia di approfondire, qui i riferimenti legislativi.
C. OBBLIGATORIETÀ DEL RICOVERO DI CANI E GATTI PUBBLICI PRESSO
CANILI E GATTILI SANITARI E RIFUGIO
Legge 14 agosto 1991, n. 281 - Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del
randagismo
14Art. 4 - Competenze dei comuni
1. [...] I comuni provvedono, altresì, al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi
per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi delle risorse di cui
all’articolo 3, comma 6. I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono a gestire i
canili e gattili sanitari direttamente o tramite convenzioni con le associazioni animaliste e zoofile o con
soggetti privati che garantiscano la presenza nella struttura di volontari delle associazioni animaliste e
zoofile preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti.
DOTTRINA
Come già chiarito in precedenza, il codice civile considera gli animali quali beni mobili, dunque
passibili di proprietà privata e pubblica. In considerazione dell’art. 927 del codice civile, un animale
d’affezione ritrovato sul territorio, sia esso randagio, fuggito o abbandonato, dovrà essere riconsegnato
al sindaco (ovvero, alle strutture pubbliche o convenzionate). Una volta che, tramite i dovuti
accertamenti, sia stata chiarita la presenza di un proprietario, si aprono tre differenti strade: in caso di
animale randagio, dunque senza proprietario individuabile, esso è immediatamente riconosciuto come
facente parte del patrimonio disponibile del comune, categoria residuale di beni pubblici individuata,
indirettamente, dall’art. 828 del codice civile; in caso di animale fuggito, il legittimo proprietario ha 60
giorni per reclamarlo, prima che l’animale diventi parte del patrimonio disponibile del comune; infine,
in caso di animale abbandonato, l’atto stesso dell’abbandono determina lo spoglio della proprietà da
parte del proprietario, il quale si è disfatto del bene “animale”, lasciandolo incustodito, usualmente in
un luogo aperto al pubblico. Tuttavia, in considerazione della particolare natura degli animali, esso
entra, o rientra, a far parte del patrimonio disponibile del comune, non divenendo dunque res nullius,
come ulteriormente confermato dalle previsioni dell’Accordo Stato-Regioni del 24 gennaio 2013.
Tale impostazione è confermata dal fatto che la derelizione di un animale è concessa solamente con
determinate modalità, a tutela tanto dell’animale, quanto dell’intera società. Nel caso in cui tali
modalità non siano rispettate, oltre alla perdita della proprietà dell’animale, risulterà configurabile
responsabilità penale ex art. 727 c.p.
I comuni, avendo la responsabilità dei cani e dei gatti randagi presenti sul proprio territorio, hanno il
conseguente obbligo di costruire (o risanare) e gestire (direttamente o indirettamente) le strutture
necessarie alla loro corretta custodia e mantenimento. Il principio indirettamente sancito nell’art. 927
del codice civile trova, nella norma appena citata, una sua prima declinazione che si concentra
maggiormente su cani e gatti, gli animali d’affezione più diffusi sul nostro territorio. Ciò nonostante,
considerata l’evoluzione che caratterizza tale categoria, simili principi sono da considerarsi estendibili,
per analogia, anche rispetto a tutti quegli animali che vi verranno ricompresi.