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mercoledì 25 novembre 2015

IL GOVERNO SALVA LA BANCA DEL PAPA’ DEL MINISTRO BOSCHI

di Mattia Fantinati

E lo ha fatto di domenica, sperando che nessuno se ne accorgesse, che pochi ne parlassero. 
Ieri il governo ha approvato il cosiddetto decreto salva-banche: 3,6 miliardi di euro messi a disposizione da Intesa Sanpaolo, UniCredit e Ubi, per salvare quattro istituti del centro Italia, Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio (quella del papà del ministro Boschi), Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti e Cassa di Risparmio di Ferrara.

Il governo ha gestito nel modo peggiore la situazione, lasciando ai dirigenti dei quattro istituti piena libertà di utilizzare le risorse e il risparmio dei cittadini in modo scriteriato, favorendo i soliti amici degli amici, per poi decidere di scaricare tutto sugli azionisti e in parte pure sui contribuenti.

E non è vero che, in questa operazione, non ci sono costi per lo Stato. La Commissaria europea per la Concorrenza Vestager ha citato l'utilizzo di fondi pubblici, seppur ridotti 'al minimo'. Mentre Intesa San Paolo racconta dell'impegno finanziario di Cassa depositi e prestiti in caso di incapienza del Fondo alla scadenza del finanziamento. Eppure il M5S la soluzione l’avrebbe: se dobbiamo comunque pagare noi, tanto vale nazionalizzare, separando attività speculative e commerciali. In questo modo si costringerebbero le banche a servire l'economia reale, famiglie e imprese: cioè, per una volta, a servire i cittadini italiani.


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